Chi sono Aqmi e
i Murabitun, all’origine dell’attacco in Burkina Faso
Nonostante il
Burkina Faso in passato fosse già stato teatro di attentati di piccole
dimensioni e rapimenti di stranieri, azioni terroristiche come quelle che hanno
insanguinato la capitale Ougadougou il 15 gennaio sono inedite. A poche ore
dall’attentato, al-Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) ha rilasciato un primo comunicato, diffuso dal suo ente di comunicazione al-Andalus,
in cui attribuiva l’operazione ai “cavalieri
Murabitun”, suoi affiliati. I Murabitun hanno agito in Burkina Faso a nemmeno
due mesi dall’attentato all’hotel Radisson di Bamako, in Mali.
Gli anni del
massacro in Algeria
La
rivendicazione riaccende l’interesse sui rapporti che intercorrono tra Aqmi e
la brigata Murabitun. Diversamente dalla galassia jihadista mediorientale in
cui le alleanze tra gruppi sono più chiare, il caso del Sahara e del Sahel è complesso
perché spesso i legami tra i gruppi sono instabili e volatili; le formazioni
possono nascere e disgregarsi in pochi anni e poi dar vita a nuove
organizzazioni, adattandosi alle necessità del momento e superando le
differenze ideologiche. Le origini di Aqmi e dei Murabitun costituiscono un
esempio di questa dinamica.
Aqmi si è costituita sulle ceneri del Gruppo Islamico Armato (Gia) algerino - negli anni 90
si era opposto alla leadership militare algerina che aveva impedito la vittoria
elettorale degli islamisti - e del Gruppo Salafita per la Predicazione e il
Combattimento (Gspc), creato nel 1998 da alcuni comandanti dal Gia fuoriusciti
dall’organizzazione perché contrariati dall’eccessiva violenza perpetrata sui
civili algerini. Benché all’inizio questo nuovo movimento avesse riscosso un
certo successo di reclutamento, una campagna antiterrorismo del governo
algerino nei primi anni del 2000 lo fece cadere in disgrazia. Fu allora che il
Gspc dichiarò fedeltà ad al-Qaida, divenendo nel gennaio 2007 al-Qaida nel
Maghreb islamico.
Nel corso del tempo al-Qaida nel Maghreb ha subito scissioni al suo
interno: si sono formati altri gruppi e brigate, tra cui il Movimento per
l’Unità e il Jihad in Africa Occidentale (Mujao) e la brigata al-Mulathamin (“i
velati”), dalla cui unione nell’agosto 2013 è nata la brigata dei Murabitun,
capeggiata dal famigerato Mokhtar Belmokhtar. I Murabitun hanno assunto il loro
nome in ricordo dei guerrieri che nell’XI secolo diedero vita al sultanato berbero degli Almoravidi, in
arabo appunto al-Murabitun. All’epoca i guerrieri vivevano nel ribât, il
fortino al confine del Dar al-Islam, da dove conducevano il jihad in Africa e
nella Spagna islamica. Il nome dell’organizzazione di Belmokhtar perciò vuol
essere un segno di presunta continuità del jihad con l’antico impero almoravide.
Mister Marlboro
Mokhtar Belmokhtar |
Reduce del
jihad che negli anni 80 aveva fatto convergere in Afghanistan migliaia di
mujahidin per respingere l’invasione sovietica, e poi membro del Gia,
l’algerino. Belmokhtar è considerato il signore indiscusso del jihad nel Sahara
e nel Sahel. Terrorista e trafficante, finanzia le attività della sua brigata e
di Aqmi con i traffici di sigarette – da qui gli deriva il soprannome “Mr.
Marlboro” – armi, droga ed esseri umani, e con i soldi ottenuti dai riscatti pagati
dai governi e dagli enti privati per la liberazione degli stranieri rapiti in
loco. Nel 2012 il generale americano Carter Ham definiva Aqmi l’affiliato
più ricco di al-Qaida.
Perché un attentato in Burkina Faso
Pochi giorni
dopo l’attentato a Ougadougou, al-Qaida nel Maghreb ha diffuso un secondo comunicato, molto più esteso della prima dichiarazione. Nel
documento, che si apre con un’immagine di tre giovani jihadisti autori dell’attentato,
Aqmi si dilunga sulle ragioni dell’attacco, lancia un messaggio alla Francia e
ai suoi alleati, e proclama la propria vicinanza ai mujahidin iracheni e
palestinesi.
Obbiettivo
degli attentatori – si legge – erano i “covi di crociati che depredano le
nostre ricchezze, attentano al nostro onore e profanano le nostre cose sacre”.
Il comunicato continua affermando che “Dopo lo studio, l’analisi, la raccolta
di informazioni e la messa a punto degli obbiettivi, al-Qaida nei Paesi del
Maghreb islamico ha colpito attraverso i suoi combattenti e i cavalieri
migliori uno dei covi più pericolosi dello spionaggio mondiale in Africa
occidentale – in particolare l’hotel Splendid e alcuni locali adiacenti nella
capitale burkinabé Ougadougou, dalla quale è diretta la guerra all’Islam e in
cui si sottoscrivono i contratti per depredare le risorse africane”.
I “crociati” sono evidentemente i francesi, che dal 1896,
anno in cui iniziarono la colonizzazione della regione, sono parte integrante
della storia burkinabé. Anche in seguito all’indipendenza del Paese, concessa nel
1960, l’influenza francese non è mai cessata. Nell’ottobre 2014 quando il
Presidente Blaise Campaoré è stato costretto alle dimissioni dalle proteste
popolari dopo aver retto il Paese per ben 27 anni, i francesi hanno favorito il
processo di transizione politica.
Quanto
all’accusa di spionaggio, sarebbe un riferimento all’impegno dei francesi nella
guerra al terrorismo in Africa occidentale. Dal gennaio 2013, per oltre un anno
la Francia è stata impegnata nell’operazione
Serval, che prevedeva il sostegno militare e logistico alle forze del
governo del Mali per liberare il nord del Paese dall’occupazione dei ribelli
jihadisti. A questa operazione, terminata il 15 luglio 2014, è seguita l’operazione Barkhane, che si
prefiggeva di combattere i jihadisti del Sahel e riconfermava l’impegno
militare francese in Africa occidentale. Il Burkina inoltre ospita sul suo territorio
le forze speciali francesi che a novembre hanno liberato, assieme alle forze
maliane, l’hotel Radisson a Bamako, attaccato dai jihadisti di Belmokhtar.
Nel comunicato
Aqmi accusa la Francia d’ingerenza e le attribuisce la responsabilità dello “spargimento
di sangue dei suoi sudditi”. Riprendendo le parole di Osama bin Laden e Ayman
al-Zawahiri, al-Qaida nel Maghreb lancia un monito alla Francia e ai suoi
alleati avvisandoli di lasciare le terre islamiche se non vogliono che la
sicurezza dei loro cittadini sia compromessa.
“Oggi la questione securitaria è una questione
globale, non può essere considerata in modo parziale. O ci lasciate in pace
nelle nostre terre o noi comprometteremo la vostra pace e quella dei vostri
sudditi, così come voi compromettete la nostra. Al bene risponde il bene e
colui che lo inizia è il più nobile, e al male risponde il male e colui che lo
inizia è il più iniquo, come vi disse già il leone dell’Islam Osama bin Laden,
e vi ha ripetuto il nostro emiro Ayman al-Zawahiri: ‘la sicurezza è un destino
comune; se noi viviamo in sicurezza voi vivrete in sicurezza, se noi siamo in
pace voi sarete in pace, ma se siamo colpiti e uccisi e Dio lo vuole, voi sarete
colpiti e uccisi. Questa è la giusta reciprocità’”.
Sultanato almoravide, XII secolo |
Nel comunicato compare
inoltre un riferimento alla storia
medievale del Maghreb. I combattenti jihadisti del Sahara e del Sahel si sono
definiti “discendenti di Yusuf bin Tashfin”, primo sultano almoravide che regnò
nel Maghreb al-Aqsa (l’attuale Marocco) dal 1089, e in al-Andalus (la Spagna
musulmana) dal 1094. In quanto eredi della dinastia almoravide i combattenti
sarebbero chiamati a vendicare il sovrano dell’undicesimo secolo: “I
combattenti non dimenticano le offese ricevute e non si accontentano di una
vita miserabile e meschina; sono risoluti a non riporre le loro spade finché la
loro umma non tornerà a risplendere, e la croce e la miscredenza non saranno umiliate
sotto i loro piedi”.
Questa “operazione
benedetta” ricorda Aqmi, “non è altro che una goccia nel mare del jihad
mondiale”. Il comunicato si conclude con un invito rivolto a tutti i mujahidin a
“distruggere l’empietà sionista, crociata e sciita”, e un’esortazione rivolta
specificamente ai sunniti del Levante e in particolare dell’Iraq “a schierarsi
uniti di fronte ai complotti internazionali contro il jihad, e a mettere in
pratica la parola del loro Signore: ‘Afferratevi tutti alla fune di Dio, non
disperdetevi’ (Cor. 3,103)”.
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