mercoledì 20 aprile 2016

Dai media arabi: separare la sfera religiosa da quella politica

[Voci dal mondo arabo]

Due articoli dalla stampa araba mettono in luce il dibattito in corso sulla necessità di riforma religiosa e politica.

La precedenza alla lotta all’estremismo
Al-Sharq al-Awsat, 25 marzo 2016. Di Ridwan al-Sayyid

Un hadīth dell’Inviato di Dio – le preghiere di Dio e la pace siano su di lui – afferma che la conoscenza sarà preservata dai giusti di ogni generazione; essi la purificheranno dalle interpretazioni di chi eccede e dalle distorsioni di chi afferma il falso. Dopo due decenni è diventato evidente chi sono coloro che eccedono e chi sono coloro che affermano il falso e distorcono. Entrambe le malattie si sono manifestate nel cuore dell’Islam o se ne sono ammantate. Tutti noi ne abbiamo seguito le manifestazioni e abbiamo provato ad affrontarle. La questione è diventata evidente in seguito alla comparsa di al-Qaida e dei suoi rami, che negli ultimi quindici anni hanno inciso profondamente nelle società, negli Stati e nel mondo sostenendo alcune interpretazioni della religione – il takfīr, l’uccisione e il califfato di al-Baghdadi sono tra le più recenti –, e alla distorsione della religione operata dall’Iran in nome dell’opposizione piuttosto che della protezione dei santuari degli Ahl al-bayt [gente della Casa, famiglia del Profeta] o degli interessi strategici iraniani.

Dal diciannovesimo secolo i sociologi occidentali divergono dai teologi e dagli uomini di religione sul modo di considerare la religione. Gli ‘ulamā’ si focalizzano sui principi della religione e sulle sue manifestazioni cultuali ed etiche. Quanto ai sociologi, dicono di interessarsi alle influenze non religiose della religione e agli effetti mondani e sociali evidenti di quest’ultima. È in atto una discussione tra le parti sulla possibilità di comprendere le manifestazioni e le influenze senza considerare i principi dottrinali o teologici della religione. Tuttavia il riferimento ai fondamenti rimane necessario per leggere la modalità con cui avvengono i cambiamenti nelle nozioni religiose e come queste vengano sfruttate per obbiettivi autoritari e strategici (al-Qaida, Daesh, Hezbollah, ‘Asā’ib ahl al-Haqq [gruppo paramilitare sciita iracheno], le brigate fatimidi [sciiti afghani]…).

Ognuna di queste parti segue la via che gli sembra più agevole per giungere a ciò che si è prefissata.Personalmente ritengo che l’operato di al-Qaida, Daesh e dei loro simili rappresenti l’eccesso e l’estremismo, mentre le azioni delle milizie iraniane rappresenti la distorsione [della religione]. Ho stabilito questa divisione perché i primi parlano di combattere la superbia del mondo, correggere la fede rendendo lecito il sangue e uccidendo in nome del takfīr, o dicono che il fine (lo Stato Islamico o l’applicazione della sharī‘a) giustifica i mezzi […]. Quanto agli iraniani, che distorcono, guadagnano gli sciiti alla propria causa col pretesto di liberare lo sciismo dalla tirannia e diffonderlo con questo metodo. […] 


Il mondo e il popolo siriano
Al-Jazeera, 18 aprile 2016

















La riforma religiosa e la sua relazione con la riforma politica
Al-Maghris, 8 aprile 2016. Di ‘Ali al-Murabit 

Il problema della separazione della religione dalla politica è diventato il fulcro delle battaglie ideologiche che da anni in Marocco vedono coinvolti i laici, che esortano a separare la religione dalla politica, e la corrente islamica che si oppone a tale separazione. È evidente che chi si addentra nella questione dal punto di vista islamico, offre una visione della realtà evidentemente inadeguata condannando le dottrine contemporanee e i sistemi di governo importati. Essi rifiutano in maniera assoluta la democrazia e la considerano [una forma di] miscredenza nonostante essa comprenda alcuni principi e disposizioni presenti nella shari‘a islamica, tra cui il principio che sancisce la salvaguardia della responsabilità e il diritto dei popoli di scegliere i loro governanti.

Nella maggior parte dei Paesi arabi questa corrente è ascesa al potere proprio in nome della democrazia, a seguito del movimento popolare noto come Primavera araba, e il partito islamista di Giustizia e Sviluppo ha assunto la guida del governo marocchino. Quanto ai laici che rifiutano la sharī‘a e sono vincolati agli accordi internazionali, le battaglie politiche ne indeboliscono gli sforzi e ne prosciugano le forze. […]
Il fatto è che il campo religioso è esso stesso un campo politico e ideologico. Esso è infatti un campo di battaglia all’interno del quale si consumano le lotte per il governo. Negli anni Settanta lo Stato è tornato nel campo religioso con forza e adottando una strategia di dominio, nel tentativo di contrastare e combattere l’opposizione di sinistra. Oggi però ci troviamo di fronte a più interpretazioni del testo religioso e del diritto islamico al punto che la stessa religione è diventata uno spazio di conflitto non solamente tra il governo e gli islamisti, ma anche tra gli islamisti dello stesso Paese.


L’opulenza di al-Sisi e la crisi del popolo egiziano, devastato dalla disoccupazione, dalla corruzione, dalla povertà, dalla crisi del turismo e dai rincari

Al-Jazeera, 17 aprile 2016

martedì 12 aprile 2016

Dai media arabi: riformare la religione per fermare la violenza

[Voci dal mondo arabo]


Due articoli dalla stampa araba mostrano la necessità di riformare la religione per arginare le manifestazioni violente dell'Islam

Al-Safir, quotidiano libanese sciita, 11 aprile 2016. Di Sami Kalib

[…] Per il momento le persone illuminate non hanno fatto ancora nulla di rilevante in questa umma per contrastare i sedicenti religiosi con la scienza e con il diritto, e smentendo le interpretazioni che i terroristi offrono dei testi e degli hadīth. L’opposizione intellettuale e religiosa continua a essere superficiale e non si addentra mai nel cuore della catastrofe alla quale è esposto il nobile Corano ogni qualvolta è brandito erroneamente al fine di dare alle fiamme, sgozzare e portare distruzione.
Difficilmente la soluzione può arrivare dagli uomini di religione. Le spaccature e i bagni di sangue non consentono più di fermare la catastrofe. Gli interessi di natura religiosa che uccidono le religioni non consentono più di fermare le discordie (fitan), le sciagure e la devastazione. Gli eserciti possono essere in grado di fare opposizione al terrorismo, bloccarne l’espansione e mitigare la presenza dei partiti. Ma il mondo ha bisogno di piani per il breve, medio e lungo periodo. I giuristi musulmani sinceri possono riuscire a mitigare la devastazione attraverso la lettura dei testi, concordandone e unificandone le interpretazioni. Ma è un dovere delle persone illuminate del mondo – arabe e occidentali, dei democratici, dei liberali, dei laici e degli uomini di religione riformatori, pensare a progetti di sviluppo intellettuale, finanziario e politico capaci di ripristinare la fiducia delle persone nello Stato e istituire l’intesa reciproca tra gli Stati. Se ciò non dovesse accadere, il mondo intero, dall’oriente all’occidente, sarebbe sull’orlo del disastro e si verificherebbero nuovi bagni di sangue in nome delle religioni. […]

Tentativi falliti di risolvere la crisi siriana
Al-Jazeera, quotidiano qatarino, 11 aprile 2016. Vignetta di ‘Isam Ahmad
















Il rinnovamento del pensiero e il ritorno della quiete nella religioneAl-Sharq al-Awsat, quotidiano panarabo, 8 aprile 2016. Di Ridwan al-Sayyid

[…] La prima questione di cui discutono i capi dello Stato maggiore della guerra, arabi e musulmani, uniti nella coalizione islamica, è la questione ideologica. Essa si prefigge di riportare la quiete nella religione e nelle società. Il compito è senz’altro difficile ma non impossibile. La difficoltà è dovuta alla compenetrazione di fattori ideologici, mediatici, socio-economici e internazionali. Sul piano ideologico-religioso, occorre operare per cambiare le nozioni di sharia, jihad, comunità e Stato, nonché le prerogative della religione nelle società e quelle dello Stato. Nella nostra esperienza storica si è verificata una compenetrazione tra religione e Stato, ma questi due non sono una cosa sola. Compito dello Stato è amministrare la cosa pubblica, mentre la religione è preposta alla dottrina, agli atti di culto e all’etica delle persone, e all’influenza che questi hanno nella loro vita privata e pubblica. Questa attività di revisione e affrancamento, se così si può chiamare, spetta alle istituzioni religiose, che sono chiamate a risvegliarsi facendo autocritica, rivedendo la loro esperienza moderna, orientandosi verso altre fatwe e verso un altro insegnamento religioso, mantenendo vive le costanti della religione nell’inviolabilità del sangue, della quiete e della dignità, e ripristinando l’etica della coesione, della mitezza e della fiducia tra le persone. Questo non è un ammonimento ma un dovere degli uomini di religione, perché “custodiscano la religione nelle sue costanti consolidate e nelle sue peculiarità universali”. […]