Fin dalla sua proclamazione, gli analisti occidentali lo hanno definito un ramo di al-Qaida. Eppure l’efferatezza e la ferocia di cui ha dato prova nell’ultimo anno lo Stato Islamico sono eccessive anche per al-Qaida, che lo sconfessa e si proclama innocente ed estranea al suo progetto e ai suoi metodi.
«Al-Qaida dichiara di non aver alcun
legame con il gruppo dello Stato Islamico in Iraq e in Siria, di non essere
stata messa al corrente della sua formazione, di non essere stata consultata e
di non rallegrarsene affatto. Al-Qaida ha ordinato al gruppo di sospendere qualsiasi
attività, perciò quest’ultimo non può considerarsi un suo ramo; tra le due
organizzazioni non sussiste alcun legame e al-Qaida non è responsabile dei
comportamenti dello Stato Islamico»[1].
Con questa dichiarazione Ayman al-Ẓawâhirî,
subentrato alla leadership di al-Qaida nel 2011 in seguito alla morte di Osama
bin Laden, smentisce l’esistenza di qualunque legame tra l’organizzazione di cui
è a capo e lo Stato Islamico di al-Baghdadi. Quest’ultimo avrebbe intrapreso il
suo progetto autonomamente, senza
consultarsi con la direzione generale di al-Qaida, e il 29 giugno 2014 avrebbe
proclamato la nascita del Califfato all’insaputa di al-Ẓawâhirî. Così facendo
al-Baghdadi avrebbe violato l’accordo stipulato tra al-Qaida e i suoi seguaci
in Iraq (affiliati all’organizzazione Al-Qaida in Iraq), che prevedeva che nel
Levante non sarebbero sorte entità statuali qaidiste.
Ayman al-Ẓawâhirî, leader di al-Qaida centrale
Divergenze di metodo
Oltre alla mancata consultazione con la
“casa madre”, anche il metodo adottato da al-Baghdadi avrebbe convinto il
leader di al-Qaida a dissociarsi dal Califfo. Al-Qaida rimane fedele al metodo
introdotto da Osama bin Laden e poi adottato da shaykh Mustafâ Abû al-Yazîd[2],
shaykh ‘Atiya[3] e
shaykh Abû Yahyâ[4] – spiega
al-Ẓawâhirî[5]. Tale
metodo, illustrato in Tawjîhât ‘âmma li-l-‘amal al-jihâdî (“Indicazioni
generali per l’operazione jihadista”), definisce gli obbiettivi dei mujahidin e
le modalità operative per raggiungerli. I nemici numero uno di al-Qaida – si
legge nel documento – sono l’America e i suoi “alleati crociati ed ebrei”. Il
sangue degli innocenti è proibito, perciò non è lecito commettere attentati nei
suq, nei quartieri residenziali, nelle moschee e tanto meno tra i mujahidin. Al-Baghdadi
contravverrebbe a questo metodo perché esercita la violenza indistintamente su
quanti, musulmani e non-musulmani, si oppongono al suo progetto.
Su questo punto al-Ẓawâhirî è tornato
anche recentemente, in seguito all’attacco suicida che nel febbraio scorso ha
provocato la morte di Abû Khâlid al-Sûrî, esponente di Ahrâr al-Shâm – estensione
del gruppo terrorista al-Nusra a sua volta legato ad al-Qaida. Il combattente
sarebbe stato ucciso dai nuovi “kharijiti”, espressione con cui il leader di
Ahrâr al-Shâm, Hisân ‘Abûd, ha definito gli attentatori mandati da al-Baghdadi.
Commentando il fatto al-Ẓawâhirî ha messo in guardia i musulmani esortandoli a non
stare dalla parte del Califfo, a «non offrire il loro sostegno a chi fa saltare
in aria le sedi dei mujahidin, e a chi manda loro autobombe o uomini bombe»[6].
Due visioni contrastanti di Califfato
Un altro motivo di dissenso tra le due
organizzazioni è la natura che deve assumere il Califfato.
La questione del metodo sembra
determinante anche per quanto concerne il raggiungimento dell’obbiettivo finale
delle due organizzazioni. Sebbene tale obbiettivo sia simile – unificare la umma e ripristinare il califfato “ben
guidato” – a detta di al-Ẓawâhirî non si può dire che esse percorrano le
medesime vie per realizzarlo. Al-Qaida vorrebbe ripristinare il califfato dei
quattro califfi “ben guidati”, Abû Bakr, ‘Umar, ‘Uthmân e ‘Alî, sulla base di
una tradizione del Profeta: «Dovete rimanere tenacemente attaccati alla mia
sunna e alla sunna dei califfi ben guidati». Tutti i governanti successivi
avrebbero infatti dato prova di mediocrità, e finito per dar vita a forme di
califfato corrotte, come fecero i sultani mamelucchi – ricorda ancora al-Ẓawâhirî
– che si contendevano il potere a filo di spada. Il califfato delle origini sarebbe invece fondato sulla consultazione (shûrâ) e sul consenso dei musulmani.
Il Califfato in Iraq e in Siria sarebbe perciò un tradimento della storia e al-Baghdadi un dittatore e un impostore. Il fatto di essersi autoproclamato califfo e di abusare della violenza generando il terrore è controproducente – spiega al-Ẓawâhirî – perché «offre al sistema siriano e all’America l’occasione che tanto aspettavano, e rende ostili i musulmani autoctoni, che si domandano perché al-Qaida abbia attirato su di loro una tale catastrofe».
Il Califfato in Iraq e in Siria sarebbe perciò un tradimento della storia e al-Baghdadi un dittatore e un impostore. Il fatto di essersi autoproclamato califfo e di abusare della violenza generando il terrore è controproducente – spiega al-Ẓawâhirî – perché «offre al sistema siriano e all’America l’occasione che tanto aspettavano, e rende ostili i musulmani autoctoni, che si domandano perché al-Qaida abbia attirato su di loro una tale catastrofe».
La dichiarazione di al-Ẓawâhirî si
conclude con un’ulteriore professione di innocenza e l’esortazione a unire gli
sforzi per mettere fine alla discordia (fitna)
che sta devastando il Levante: «Noi ci professiamo innocenti ed estranei alla discordia
che si sta diffondendo nel Levante tra le fazioni dei combattenti, e al sangue
illecito che è stato versato, da una parte e dall’altra. Noi esortiamo tutti i
mujahidin ad avere timore di Dio, a prendere coscienza della grande
responsabilità di cui sono investiti, e dell’enorme catastrofe che si è
abbattuta sul Jihad nel Levante e sul futuro della umma musulmana. Noi invitiamo chi ha ragione, fede e desiderio di unirsi
al jihad ad adoperarsi per fermare la discordia mettendo immediatamente fine
alla battaglia, e risolvere i conflitti rivolgendosi alle autorità giudiziarie»[7].
Insomma, lo Stato Islamico sarebbe troppo
fondamentalista anche per i più fondamentalisti (al-Qaida in primis, ma non solo) e i suoi metodi troppo violenti e
coercitivi. Al-Ẓawâhirî ritiene che i militanti di al-Baghdadi stiano mietendo
vittime innocenti, ciò che
sarebbe contrario all’“etica” del jihad – dimenticando forse che anche i
presunti “crociati” che l’11 settembre 2001 si trovavano nelle Torri gemelle
erano innocenti.
Surreali sono anche le dichiarazioni del leader di al-Qaida sull’età d’oro del califfato (632-661) e il suo desiderio di istituirne uno democratico, che lasci la libertà ai musulmani di scegliere il loro califfo! La storia islamica ci ricorda infatti che il periodo 632-661 non fu certo un trentennio di pace e concordia, ma fu segnato dalle campagne di conquista e dall’assassinio dei primi tre califfi.
Surreali sono anche le dichiarazioni del leader di al-Qaida sull’età d’oro del califfato (632-661) e il suo desiderio di istituirne uno democratico, che lasci la libertà ai musulmani di scegliere il loro califfo! La storia islamica ci ricorda infatti che il periodo 632-661 non fu certo un trentennio di pace e concordia, ma fu segnato dalle campagne di conquista e dall’assassinio dei primi tre califfi.
Se al-Ẓawâhirî fosse riuscito a ricreare
il “califfato originario”, chissà se davvero avrebbe adottato metodi diversi da
quelli di al-Baghdadi di fronte alla ritrosia di quei musulmani che oggi si
sentono siriani e iracheni, non certo sudditi di un califfato.
[2]
Di origini egiziane, fu il
responsabile delle casse finanziarie di al-Qaida. Fu ucciso il 21 maggio 2010 durante
un raid aereo nella regione del Waziristan, a nord-ovest del Pakistan. http://www.longwarjournal.org/archives/2010/05/top_al_qaeda_leader_1.php.
[3]
Di origini libiche, shaykh ‘Atiya
‘Abd al-Rahmân era il numero
due di al-Qaida. Fu ucciso il 22 agosto 2011 da un drone della CIA. http://www.theguardian.com/world/2011/aug/27/al-qaida-two-killed-pakistan.
[4]
Di origini libiche, Abû Yahyâ fu detenuto nel centro di detenzione
Bagram da cui riuscì a fuggire a luglio 2005. Fu ucciso il 4 giugno 2012 nella
regione del Waziristan, Pakistan, da un drone della CIA. La sua morte fu successivamente
confermata da al-Ẓawâhirî in un video diffuso a settembre 2012.
[5]
Qâlû ‘an dawla al-Baghdâdî, Katâ’ib
rad‘ al-khawârij, 1436/2015,
pp. 10-11.
[6]
Ibi, p. 12.
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